Carvertising: ricevere automobili gratuite in cambio di sponsorizzazioni

Carvertising

Il Carvertising consiste in una pratica pubblicitaria per cui un privato può mettere a disposizione la propria auto, sulla quale verrà applicata un’aerografia che esponga in vista lo sponsor dell’azienda pagante.

Il contratto sottoscritto tra le due parti prevede che la concessionaria possa cambiare la grafica, applicata con la tecnica del “wrapping”, ogni qual volta venga lanciata una nuova campagna. Dalla sua, il contraente privato deve rispettare diversi obblighi, tra cui un chilometraggio annuo minimo garantito, il parcheggio in luoghi altamente frequentati per incrementare la visibilità del messaggio e, in alcuni casi, anche un prestabilito numero di esposizioni del brand sui propri canali social.

Il corrispettivo economico che viene garantito in cambio della sponsorizzazione può variare. In alcuni casi viene addirittura promesso il pagamento dell’intera automobile, offerta valevole solo per determinati modelli ma molto allettante; anzi, tanto allettante da suscitare qualche perplessità. Se per esempio viene richiesta una quota d’iscrizione per aderire all’iniziativa commerciale, il sospetto che possa trattarsi di una forma anche abbastanza conosciuta di raggiro viene spontaneo.

Per quanto riguarda gli introiti che si possono guadagnare, la cifra parte da un minimo di 200 euro e arriva a un massimo di 3.000, a seconda di variabili come il quantitativo di asfalto percorso, la dimensione della grafica e la caratura dell’azienda che si va a pubblicizzare.

Carvertising
fonte:automoto.it

I limiti del Carvertising

La pratica del Carvertising nasconde delle insidie o quanto meno dei compromessi a cui è necessario sottostare: innanzitutto la tipologia di veicolo, la cui scelta è veicolata dalla politica aziendale di riferimento e il cui rimborso difficilmente è garantito per intero; solitamente parliamo di un massimo di 9.500 euro spalmati su un accordo quinquennale, che è comunque una cifra tutt’altro che irrisoria.

Secondariamente, per godere degli incentivi economici, è assolutamente mandatorio non danneggiare il veicolo, soprattutto nelle parti dove è collocato il messaggio pubblicitario. Per finire specifichiamo che l’intervento di carrozzeria adibito alla rimozione di un messaggio e conseguente applicazione del successivo è a carico dell’automobilista, per un costo di circa un centinaio di euro a operazione.

Sussiste il pericolo di una truffa?

Altroconsumo –uno dei principali siti nati per la tutela del consumatore- ricorda che trattandosi di un servizio che interessa impegni contrattuali non indifferenti dal punto di vista economico, è consigliabile valutare con attenzione tutte le clausole dell’accordo legale che si sottoscrive; quest’ultimo potrebbe includere, sotto mentite spoglie, impegni finanziari svantaggiosi per il privato o addirittura forme celate di truffa.

E’ sempre bene tenere a mente una regola generale: laddove una promessa di guadagno richieda il versamento iniziale di una quota d’iscrizione, la promessa è solitamente destinata a rimanere tale.


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Non è infatti esigua la casistica di raggiri in questo ambito: recentemente la cronaca ha portato all’attenzione di tutti il caso Dexcar, che ha goduto di facili guadagni seguendo l’ormai arcinoto schema piramidale, alla base di una vastissima categoria di truffe e raggiri.

Una spia di allarme che supporta questa tesi è data dall’oscuramento di un alto numero di siti sospettati di speculazione con la scusa del Carvertising. Nella eventualità in cui l’ente responsabile del business “poco cristallino” venga scoperto,  il massimo delle sanzioni in cui può incorrere è una multa e la sua chiusura immediata; ciò non garantisce quindi un recupero del denaro investito, almeno non nella stragrande maggioranza dei casi.

Il caso Dexcar

Il caso a cui abbiamo fatto accenno poc’anzi riguarda la Dexcar e alcune società ad essa collegate che rispondono alle denominazioni di Raggio Verde s.n.c., Asap Holding S.r.l. (già Asapsmarkets Europe S.r.l.), Bizeta Web s.a.s., Tronchin Auto S.r.l. e Trentatre S.r.l.; tutte costrette a sospendere senza appello ogni attività di promozione e di adesione.

Si tratta di una frode su larga scala che ha interessato almeno 8.000 automobilisti italiani, chiamati a versare una cifra intorno ai 500 euro, dietro la promessa di una vettura nuova entro due anni dal momento della sottoscrizione (comprensiva di benefit come l’assicurazione e il cambio delle gomme).

Carvertising
fonte:motormedia.it

La struttura piramidale è stata capace di sorreggersi per diverso tempo, o almeno fintantoché ogni automobilista aderente all’iniziativa è riuscito a convincere altri 126 utenti a gettare le fondamenta di questo imbroglio. La piramide era tuttavia destinata a crollare se calcoliamo che ci sarebbero voluti almeno 1,4 milioni di persone per alimentare il parco clienti raggiunto da Dexcar al suo apice, pari a 8.000 automobilisti.

L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato ha quindi effettuato le sue indagini, che hanno stabilito una sanzione di 455.000 euro alla Dexcar, parallelamente alla chiusura coercitiva di tutti i siti riconducibili alla società e all’ordine immediato di cessare l’attività (nel frattempo era proseguita sotto una denominazione tedesca).

Le normative in Italia

Dando una veloce occhiata al materiale legislativo del nostro paese, salta all’occhio il divieto ai privati di sfruttare le auto per pubblicizzare terzi. L’articolo 23 del Codice della Strada e il regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495), recitano al comma 1: “L’apposizione sui veicoli di pubblicità non luminosa è consentita […] unicamente se non effettuata per conto terzi a titolo oneroso. […] Sulle autovetture ad uso privato è consentita unicamente l’apposizione del marchio e della ragione sociale della ditta cui appartiene il veicolo”. Nel comma 2 si legge poi: “La pubblicità non luminosa per conto terzi è consentita sui veicoli adibiti al trasporto di linea e non di linea, ad eccezione dei taxi […]”.

In buona sostanza solo le auto aziendali possono esporre messaggi pubblicitari in Italia, e limitatamente alla loro attività. Altrimenti la possibilità è concessa unicamente ai mezzi di trasporto pubblici, ai taxi e ai mezzi da competizione sportiva.

Viene quindi da domandarsi se i servizi che agiscono nel paese nostrano sfruttino cavilli legali o semplicemente se ne disinteressino.

Wrapfy: l’applicazione per smartphone

Vediamo in conclusione la nuova applicazione che facilita il Carvertising oltre oceano, dove invece sembra essere una pratica discretamente in voga.

Frutto dell’inventiva di James Heller,  Wrapfy è stata concepita qualche mese addietro e lanciata negli Stati Uniti con lo slogan ” Make money while you drive”, una frase non certo priva di attrattiva.

Sulla homepage del sito dedicato è già possibile valutare, sulla base dei chilometri percorsi giornalmente e della superficie di carrozzeria che si è disposti ad allocare alla pubblicità, a quanto potrebbe ammontare il guadagno  tramite l’utilizzo di questa app. Ipotizziamo: per una stima di 20 km al giorno (distanza non eccessiva se pensiamo al tragitto casa-lavoro dell’automobilista medio) e una copertura totale dell’auto, si raggiunge la cifra di 54 dollari alla settimana; un introito non esagerato ma interessante, soprattutto per contribuire ad ammortizzare gli alti costi di mantenimento di un veicolo moderno.

Il servizio copre ad oggi solamente 11 città americane; se si risiede in una di queste città, i requisiti per chiedere l’adesione al programma sono 21 anni di età compiuti (corrispondenti alla maggiore età in molti stati della Federazione) e il possesso di una vettura immatricolata dal 2008 in poi. In caso si venga selezionati, è sufficiente installare la app sul proprio smartphone così da consentire alle aziende di tracciare i movimenti dell’auto e valutare la visibilità reale della propria pubblicità su quattro ruote. L’azienda che decidesse di usufruire del servizio potrà infatti decidere la città in cui desidera che la pubblicità sia esposta, su quanti veicoli e con quali tempistiche.

Il Carvertising sarà dunque un trend in crescita e destinato a prendere piede anche nel Bel paese?

Per la verità stiamo discorrendo di un’usanza ancora poco diffusa e che probabilmente incontrerebbe lo scetticismo sia lato sponsor che lato automobilista: per il primo in ragione di scarsi ritorni di investimento, o per le difficoltà legate agli aspetti normativi della questione, e per il secondo possiamo prevedere dubbi concernenti l’estetica della vettura e l’eventualità di subire raggiri; esiste però una folta schiera di opinoni divergenti, che considerano l’advertising una metodologia addirittura più efficace delle tradizionali affissioni pubblicitarie e quindi una strada da tenere in considerazione laddove fosse perseguibile.

Carvertising: ricevere automobili gratuite in cambio di sponsorizzazioni ultima modifica: 2017-11-24T16:11:02+01:00 da Emanuele Vignati

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