La guida autonoma sembra essere il futuro delle automobili. Nonostante i pareri contrari a riguardo, permettere alle vetture di spostarsi senza l’ausilio di un automobilista fisico pare essere l’obiettivo che le case automobilistiche si sono prefissate al giorno d’oggi.
Obiettivo per il quale, già da tempo, la casa automobilistica Giapponese Toyota sembra aver mostrato particolare interesse. Peccato che, il 18 Marzo del 2018, l’incidente mortale causato da un veicolo autonomo di Uber, che aveva coinvolto una donna in bicicletta, rappresentò per Toyota un periodo di stallo nella produzione e nella prova di questi autoveicoli futuristici, e ciò creò un clima di sfiducia tra gli speranzosi spettatori e sostenitori di questa innovazione.
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La guida autonoma arriva anche in Europa
In seguito a questo tragico evento, Toyota decise di interrompere le simulazioni in America (il fatale incidente, difatti, era avvenuto in Arizona), ma decise di continuare i test nella madrepatria e non solo: conquistare il suolo Europeo sembrava essere l’obiettivo finale, e di conseguenza portarono questa tecnologia di guida automatizzata nelle strade di Bruxelles.
Al fine di evitare il più possibile proclami o false promesse, Toyota decise di testare la Lexus LS per 13 mesi sui percorsi pubblici della capitale belga. Il veicolo, oltre ad essere dotato di radar, telecamere e sensori volti alla raccolta di dati, che successivamente verranno condivisi con gli altri 34 partecipanti al progetto europeo “L3Pilot” del quale Toyota fa parte, presenterà al suo interno un safety driver, pronto ad intervenire in caso di necessità.
Nonostante il conducente non sia più il protagonista alla guida, la sua relazione con la tecnologia rimane di primaria importanza
Il concept che Toyota vuole trasmettere tramite l’utilizzo di questa tecnologia innovativa è quello di creare dei computer che non solo siano in grado di “vedere e comprendere” l’ambiente circostante, ma che siano capaci di collaborare con il conducente in un rapporto di scambio reciproco di informazioni. Questo approccio alla mobilità è difatti stato soprannominato “Mobility Teammate Concept”, e la casa giapponese sta cercando di concretizzarlo attraverso due modelli: Guardian, che utilizza la tecnologia per monitorare costantemente e assistere il guidatore umano, intervenendo solo quando necessario, e Chauffeur, dove la tecnologia si assume tutte le responsabilità della guida.
Questa tecnologia, ovviamente, oltre che essere utilizzata per poter ridurre gli incidenti stradali del 90% e quindi incrementare la sicurezza degli automobilisti, presenta anche un obiettivo economico e monopolistico. La casa giapponese punta infatti alla leadership nel settore ed a eliminare la concorrenza rappresentata dalla rivale americana Ford, che entro la fine del 2019 si era preposta di avere 100 veicoli a guida autonoma in strada per fare tutti i test necessari a capire come creare questo tipo di prodotto.
Per far ciò, è stato necessario investire un’ ingente somma di denaro nelle start up con base a Silicon Valley, riunite nella Toyota Al Ventures, sussidiaria di Toyota. Investendo i suoi soldi in queste star up ai primi stadi di sviluppo, non solo la casa automobilistica sarà in grado di aiutarle nello sviluppo delle tecnologie del futuro, ma anche di coglierne i frutti. E questa potrebbe presentarsi come un’ottima opportunità di annientamento dei competitors del mercato, accomunati da un crescente interesse per questi sistemi automatici.
Sarà questo il nostro futuro?
Aprire le porte a questa innovazione, ovviamente con la cautela necessaria a creare uno strumento che possa essere il più efficace possibile, potrebbe risultare come un’ottima soluzione per incrementare la sicurezza delle persone ma anche per sfruttare al meglio le prossime generazioni di tecnologie per la mobilità.
Nonostante l’aspetto legislativo e burocratico, che ancora necessita di qualche modifica e approvazione, la guida automatica più che una probabilità, nel giro di pochi anni potrebbe diventare la nostra nuova realtà.